Il Tribunale di Milano chiarisce come debba declinarsi la mediazione ex officio ovvero d”ordine del giudice, secondo la nuova formulazione dell”art. 5, d.lgs. 28/2010 come modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013, n. 69).
Infatti rileva il giudice milanese come la modifica normativa abbia previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (cd. mediazione ex officio). Trattandosi di facoltà squisitamente processuale deve ritenersi applicabile ai procedimenti pendenti.
Peraltro, rileva il Tribunale come l”ambito di applicazione prescinda dall”elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria di cui all”art. 5 comma I-bis e quindi può ricadere anche su controversie aventi ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto.
Nel caso di specie riguardante l”appello contro una sentenza del giudice di pace avente ad oggetto il credito per le somme dovute per il mantenimento di due figli minorenni, il Giudice sottolinea la peculiarità della controversie. Infatti “ove la controversia coinvolga parti legate da un pregresso rapporto affettivo, come tale destinato a proiettarsi nel tempo, la ricerca di una soluzione conciliativa risulta di evidente opportunità considerando che i litiganti, non più coniugi ma tuttavia ancora genitori debbono tener sempre presente l”interesse preminente dei figli minori meglio preservato se gli stessi non diventino, seppur indirettamente oggetto di procedure giudiziali”.
In tale tipologia di rapporti tale parti, ma forse sarebbe meglio dire in tale tipologia di conflitti, lo strumento giudiziale si rivela inidoneo e portatore di una reiterazione di contenziosi.
Osserva il Giudice come “vi sia un evidente iato tra il diritto fatto valere (guardando al valore del credito secondo la prospettazione attorea) e lo strumento azionato per tutelarlo (due gradi di giudizio), nel senso che, tenuto conto del peso effettivo della controversia, in termini monetari, lo stesso creditore avrebbe potuto anteporre alla scelta sposata in via diretta (sistema di risoluzione pubblico delle controversie), l’opportunità di un sistema di risoluzione alternativo della controversia (es. mediazione familiare; mediazione civile; diritto collaborativo; etc.) e riservare, dunque, il percorso giurisdizionale solo alla res litigiosa residuata all’esito del fallimento delle procedure di confronto amichevole” .
Secondo quanto previsto dall”art. 5 co. 2 “l”esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio di appello” e pertanto, rileva il Giudice, l’onere della instaurazione della procedura mediativa grava sull’appellante.
Anche per la mediazione ex officio è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma III d.lgs. 28/2010: la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, disposizione, secondo il Giudice, derogabile con l”accordo delle parti (che pertanto potranno rivolgersi con domanda congiunta ad altro organismo scelto di comune accordo).
Pur essendo onerato l”appellante cionondimeno non è escluso “che la domanda possa essere presentata anche dall’appellato; in quel caso, al cospetto eventuale di più domande di mediazione, la mediazione deve essere svolta dinanzi all’organismo adito per primo, purché territorialmente competente (art. 4 comma III cit.). La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti”.
Adriana Capozzoli
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