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Il ritardo che genera fallimento (articolo tratto da FiscalFocus.info)

10 gennaio 2011

Secondo la Cgia, per il 31% delle imprese di piccole e medie dimensioni che dal 2008 al 2011 hanno dichiarato fallimento la causa è da riscontrare nel mancato saldo o nel ritardo del pagamento.

 

I fallimenti – In tempi di crisi, con la recessione alle porte e le liberalizzazioni proprio dietro l’angolo, il nostro Paese vive ancora il drammatico e sconcertante fenomeno dei fallimenti della piccola e media imprenditoria. A ben vedere, negli anni a partire dal 2008, periodo nel quale ha iniziato a prendere forma la criticità dell’economia mondiale, in Belpaese è stato testimone di più di 39.500 fallimenti di realtà aziendali che non sono state in grado di affrontare la crescente instabilità del sistema economico generale. E nel 2001 la piaga non ha accennato a ristringersi, anzi al default delle imprese si è associato il fantasma della criminalità organizzata. “C’è il pericolo che si verifichi un aumento dell’usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico”, ha spiegato il segretario generale della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi. La causa principale, in base alle stime dell’istituto veneto, è il mancato saldo dei pagamenti o i ritardi nel definire le insolvenze.

Il caso italiano – Secondo quanto rilevato dalla Cgia attraverso i propri riscontri, confrontati con i dati di Intrum Justitia, l’anno conclusosi da poche settimane ha posto in evidenza che almeno un caso di fallimento ogni tre realtà imprenditoriali prese in esame è sorto come conseguenza a dei pagamenti non avvenuti o saldati in ritardo. In effetti, l’ente guidato da Giuseppe Bortolussi ha indicato che su 11.615 titolari di imprese che si sono presentati in Tribunale, almeno il 31%, vale a dire quasi 3.600, ha portato a sostegno delle proprie lamentele il fatto che è per loro pressappoco impossibile vedere saldati i propri conti in tempi accettabili. Dunque, si è al cospetto di prestazioni di servizi e forniture di bene effettivamente eseguite, ma non risarcite in maniera appropriata. Nella media Europea questa risulta essere una peculiarità tutta italiana, che nell’orizzonte della zona euro non pare avere eguali. “La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli ‘sfiduciati’, ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all’aiuto di una banca – ha spiegato Bortolussi – E’ un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito, con il pericolo che ciò dia luogo ad un aumento dell’usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico”.

Il ritardo – La domanda è come sia salita così in alto la percentuale relativa ai mancati pagamenti, che ha raggiunto il 31% dei fallimenti e non sembra intenzionata ad abbandonare la scalata. Il parere dell’istituto al quale la Cgia di è rivolta, ossia la Intrum Justitia, in tutta Europa la percentuale di questo genere di fallimenti è pari al 25% del totale, mentre in Italia, dove l’attesa media dei 26 giorni viene regolarmente superata, il dato giunge al 31%. In un processo di innalzamento del dato di siffatta natura ha avuto un rolo riguardevole la crisi economica, ma non solo. Dal 2008 al 2011 l’andamento di questo genere di fallimenti ha subito un vero e proprio raddoppio, raggiungendo il 97,5%. La media comunemente accettata per l’attesa del saldo, posta a 26/27 giorni, è stata soggetta a una dilatazione che l’ha resa pari a 53 giorni. Questo avviene per la transazione tra privati, ma ancora peggio è la prassi che intercorre nei rapporti con le Pubbliche amministrazioni, per le quali i tempi d’attesa per il saldo lievita a vista d’occhio. Questo è lo scenario che ha portato all’inevitabile fallimento di 39.500 piccole e medie imprese italiane. “Pur riconoscendo che questo Governo ha iniziato con il piede giusto – spiega Giuseppe Bortolussi– è necessario che recepisca quanto prima la Direttiva europea contro il ritardo nei pagamenti”.

La Lombardia – La mappa dei fallimenti italiani ha visto al primo posto tra le regioni particolarmente colpite la Lombardia, che ha dovuto assistere al più altro numero di crolli delle aziende. Nel corso del 2011 circa 2.613 imprenditori della Lombardia hanno presentato in Tribunale i libri, rilevando che ci sono stati 31,5 fallimenti ogni 10.000 aziende attive.

Redazione Fiscal Focus. 

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Pubblicato in ADR