Sentenza della Corte di Cassazione del 7 marzo 2012. Il principio. La negligenza dell’avvocato si ripercuote nel rapporto professionale senza riflettersi sulla regolarità del processo. Per questo il cliente non può aspirare alla remissione in termini per la riassunzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, anche se questo è stato cancellato dal ruolo per cause imputabili al procuratore.
La sentenza. A questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 3581, pubblicata ieri, 7 marzo 2012.
L’istanza. Un uomo chiedeva al Tribunale di Sulmona di essere rimesso in termini per la riassunzione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo notificatogli da un istituto di credito, che a suo tempo era stato cancellato dal ruolo per decadenza dal termine a tal fine prescritto per legge. Decadenza che non era imputabile a una sua negligenza, bensì a quella dell’avvocato, il quale non aveva partecipato all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni, né a quella di rinvio ex art. 309 del codice di procedura civile.
Il diniego. Il Tribunale respingeva il ricorso, motivando che le eventuali dimenticanze o negligenze del procuratore si verificano e si consumano nell’ambito del rapporto con il cliente, senza riverberarsi sulla regolarità del processo. Ne consegue che il giudice non ha alcun obbligo di restituire in termini la parte costituita in giudizio.
La decisione. Ineccepibile la decisione del giudice del merito. La Cassazione ha infatti condiviso le motivazioni che hanno sorretto il rigetto dell’istanza del malcapitato cliente, confermando la sentenza impugnata.
Motivi. Si legge in sentenza: “Premesso che la parte sta in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente, che lo rappresenta (art. 82 c.p.c.), sì che gli atti e le omissioni del procuratore sono riferibili alla parte da lui rappresentata, deve escludersi che le ipotetiche inadempienze del procuratore possono assumere per la parte il valore di causa non imputabile della decadenza di termini perentori. In questo senso è la consolidata e costante giurisprudenza della Corte […], a nulla rilevando, per la soluzione del problema di causa, la distinta questione della sopravvivenza, in capo al procuratore revocato o rinunciante, dei poteri rappresentativi a ricevere gli atti della controparte, o dei compensi che gli spettano per la fase successiva alle predette causa di estinzione previste dall’art. 85 c.p.c.”.
Conclusioni. Dunque, sulla scorta delle suesposte motivazioni, gli Ermellini, riuniti in camera di consiglio, hanno dichiarato il ricorso dell’uomo manifestatamente infondato, con conseguente condanna del medesimo al pagamento delle spese di lite, liquidate in poco più di 4 mila euro.
Redazione Fiscal Focus
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