Pubblichiamo un estratto del volume “Responsabilità del medico e della struttura sanitaria pubblica e privata”, nella seconda edizione aggiornata, scritto dal Cons. Domenico Chindemi.
Il testo intende dare risposta ai numerosi interrogativi che gravitano intorno alla responsabilità della struttura sanitaria e del medico, attraverso l”analisi di tutta la casistica più significativa e senza perdere mai di vista la necessaria mappatura codicistica.
2.1. È preferibile esperire l’azione civile o penale?
È preferibile esperire l’azione civile per il più favorevole nesso causale ai fini della affermazione di responsabilità, rispetto al processo penale.
A volte tale scelta non può essere effettuata in quanto, in relazione a taluni fatti, l’azione penale può essere esperita d’ufficio in presenza della notitia criminis.
Inoltre è preferibile esperire l’azione penale nel caso in cui vi siano esigenze di acquisizione di documenti che potrebbero essere contraffatti o alterati (es: cartella clinica), oppure nel caso in cui sia necessario accertare le condizioni di apparecchiature o strutture che hanno avuto efficienza causale nel prodursi dell’evento dannoso.
2.2. Quali differenze sussistono tra responsabilità civile e penale nel settore della responsabilità sanitaria?
Ai fini penalistici si imputa al reo il fatto-reato (condotta-nesso causale-evento), mentre ai fini civilistici si imputa il danno, sia come evento lesivo (cd. causalità materiale), sia come conseguenze risarcibili o evento dannoso (cd. causalità giuridica).
Sempre sotto il criterio civilistico vengono ascritti al danneggiante anche i danni indiretti e mediati se effetto normale, in forza del principio di cui all’art. 2055 c.c. che statuisce, in tema di responsabilità contrattuale la risarcibilità dei soli danni prevedibili.
Se manca il danno non vi è obbligazione risarcitoria e, in forza dei principi di cui alle Sezioni Unite dell’11 novembre 2008, n. 26972, il danno alla salute non è in re ipsa, ma trattandosi di danno conseguenza, deve essere allegato prima e provato dopo, sia pure utilizzando anche le presunzioni che operano, tuttavia, solamente sulle allegazioni, ove non contestate dal danneggiante.
Pertanto il fatto illecito non è sufficiente a fondare la responsabilità civile, occorrendo anche l’evento dannoso.
La responsabilità civile è più ampia della responsabilità penale.
Sotto il profilo civilistico, con riguardo alla sussistenza del nesso di causalità fra lesione personale e condotta del medico, ove il ricorso alle nozioni di patologia medica e medicina legale non possa fornire un grado di certezza assoluta, la responsabilità va affermata anche in presenza di margini di relatività, a fronte di un serio e ragionevole criterio di probabilità scientifica, specie qualora manchi la prova della preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinanti[1].
Ai fini dell”accertamento della causalità, occorre in primo luogo verificare se esista una legge scientifica in base alla quale un dato evento è conseguenza di un determinato antecedente; la percentuale probabilistica di tale evenienza è irrilevante, in quanto, una volta accertato che si tratta di un rischio frequente, il medico deve comunque porre in essere tutti gli accorgimenti diagnostici necessari per prevenirlo, fondando la relativa omissione l”addebito di colpa nei suoi confronti[2].
Una volta superato il muro della certezza in sede civile si ragiona in termini di mera probabilità, con riferimento a due elementi:
· regolarità statistica;
· probabilità dell’evento (prova prevalente 51%, cioè più probabile che non);
· verosimiglianza (cioè elevato grado di credibilità razionale; alcuni ordinamenti precisano il grado di probabilità, es: ordinamento scandinavo il 70%).
Nel settore penale, in ordine al nesso causale occorre la percentuale massima (100%) o, comunque, una percentuale di poco inferiore accompagnata dalla certezza morale che sia stata proprio la condotta colposa del sanitario a provocare l’evento.
Trattasi, quindi, di probabilità scientifica che deve essere “qualificata” da ulteriori elementi idonei a tradurre in certezze giuridiche le conclusioni astratte svolte in termini probabilistici[3].
Nel giudizio civile, se nessuno dei medici convenuti in giudizio, rimasti soccombenti ha articolato domanda di regresso con la richiesta di determinazione della diversa misura di responsabilità tra concorrenti, al Tribunale non è consentito di specificare la ripartizione interna tra condebitori, ai fini del regresso o della rivalsa, anche nel caso in cui appaia evidente la minore gravità del contributo causale di uno dei sanitari nella condotta medica colpevole[4].
2.3. Quali soggetti citare in giudizio?
Per i danni cagionati nell”esercizio di prestazioni sanitarie da un medico dipendente di una struttura pubblica o privata, anche nel caso in cui operi in detta struttura come esterno e non quale dipendente, è, comunque, configurabile una responsabilità contrattuale tanto del singolo medico, quanto direttamente dell”ente in proprio.
Si tratta di responsabilità concorrenti che generano un vincolo di solidarietà passiva ma non anche di litisconsorzio necessario in senso processuale, di guisa che, pur essendo di norma preferibile il simultaneo processo, è consentito attivare la tutela giurisdizionale anche nei confronti di uno solo dei condebitori[5].
Al danneggiato, quindi, è consentito evocare in giudizio soltanto l”ente in relazione a condotte colpevoli di medici dipendenti che restano estranei a quell”accertamento giudiziale[6].
Preferibile, in termini generali, citare la sola struttura sanitaria che risponde in solido delle medesime obbligazioni del personale medico o sanitario.
Si evitano, in tal modo, difese strenue ed oltranziste da parte del medico che è portato a tutelare, fino all’estremo, il proprio operato.
È preferibile citarli entrambi ove vi siano problemi di capienza del massimale assicurato o alcuno dei soggetti responsabili citati non sia coperto da assicurazione r.c.
Inoltre, nel caso di reiezione della domanda si evita il pagamento di doppie parcelle (a volte quadruple se interviene in giudizio la compagnia assicuratrice).
L”ente ospedaliero, è tenuto al risarcimento dei danni cagionati da un medico, che opera nella struttura, in forza di un titolo contrattuale diretto e non per un obbligo di indiretta manleva.
La responsabilità dell”ente ospedaliero non è necessariamente correlata a quella del medico operante nella struttura, ben potendo l”ente essere chiamato in giudizio anche da solo rispetto ad una condotta negligente di un medico al quale non è stato esteso il contraddittorio.
Corollario del suddetto principio è l”affermazione che, qualora in un medesimo giudizio siano stati convenuti alcuni medici e l”ente ospedaliero in relazione ad una pluralità di condotte pregiudizievoli, l”accertamento di una sola di tali condotte è sufficiente a far sorgere la responsabilità risarcitoria dell”ente anche se si tratta di negligenze non imputabili ai medici convenuti ma ad altri medici. Ciò che radica la responsabilità dell”ente, infatti, è la responsabilità rispetto al fatto dannoso dedotto in giudizio attribuibile ad uno qualsiasi dei suoi ausiliari e non necessariamente ad uno di quelli evocati in causa, anche se normalmente si verifica questa coincidenza[7].
La responsabilità è, quindi, correlata alla circostanza dell”accertata colpevole condotta, rispetto al fatto dannoso dedotto in giudizio, di uno qualsiasi dei sanitari della struttura, indipendentemente se sia stato o meno convenuto in giudizio e anche nel caso in cui l’evento sia riconducibile a difetto di organizzazione della struttura, senza responsabilità dei sanitari che collaborano al suo interno.
Può essere produttivo citare sia il medico, sia la struttura ove sia prevedibile una transazione della causa, se trattasi di mettere d’accordo le compagnie sulla rispettiva responsabilità.
Se il convenuto chiami in causa un terzo, assumendo che questi, e non lui, è il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell”attore, la domanda di quest”ultimo, amene in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo in quanto si tratta di individuare il vero responsabile, nel quadro di un rapporto oggettivamente unico; con l”effetto del determinarsi di un ampliamento della controversia originaria, sia in senso oggettivo – perché la nuova obbligazione dedotta dal convenuto viene ad inserirsi nel tema della controversia, in via alternativa con quella che l”attore ha assunto a caricò del convenuto — sia in senso soggettivo, perché il terzo chiamato in causa diventa un”altra parte di quella controversia e viene a trovarsi con il convenuto in una situazione tipica di litisconsorzio alternativo[8].
2.4. Richiedere la provvisionale nel giudizio penale o l’integrale risarcimento del danno?
In forza dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata del giudizio, in caso di costituzione di parte civile, se non necessitano particolari attività istruttorie (es. CTU medico legale) appare preferibile richiedere (per l’avvocato) e liquidare (da parte del giudice) l’intero danno sia patrimoniale che non patrimoniale, anche al fine di evitare le lungaggini di una causa civile che può essere evitata, a volte, con un minimo di diligenza da parte sia dell’avvocato della vittima che del giudice.
Nel caso in cui, invece, sussistano esigenze istruttorie che non possano essere espletate in sede penale l’avvocato della vittima potrà richiedere una provvisionale, esperendo una successiva causa civile per ottenere l’integrale risarcimento del danno.
2.5. Che efficacia ha nel giudizio civile la sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p.? Vi è differenza tra il primo e il secondo comma, ai fini della possibilità di ottenere il risarcimento in sede civile?
La norma di riferimento è l’art. 652 c.p.p. che recita: «La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all”accertamento che il fatto non sussiste o che l”imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell”adempimento di un dovere o nell”esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell”interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l”azione in sede civile a norma dell’ art. 75, co. 2».
In presenza di una causa di estinzione del reato per prescrizione, la formula di proscioglimento nel merito (art. 129, co. 2, c.p.) può essere adottata solo quando dagli atti risulti “evidente” la prova dell”innocenza dell”imputato, sicché la valutazione che in proposito deve essere compiuta appartiene più al concetto di “constatazione” che di “apprezzamento”[9].
Tuttavia i rapporti tra il giudizio penale e quello civile non sono così semplici come sembrerebbe desumersi dalla norma.
Sono stati, infatti, stabiliti limiti della efficacia preclusiva della sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, resa ai sensi dell”art. 530, co. 2, c.p.p.
Va segnalato un contrasto tra la Cassazione Civile e Penale.
La giurisprudenza civile di legittimità ritiene che “in tema di rapporti tra il giudizio penale e quello civile, il giudicato penale produce gli effetti preclusivi previsti dall”art. 652 c.p.p. quando contiene un effettivo accertamento dell”insussistenza del fatto o dell”impossibilità di attribuirlo all”imputato e non quando l”assoluzione sia motivata con la mancanza di sufficienti elementi di prova in ordine al fatto o all”attribuibilità di esso all”imputato” [10].
L”efficacia del giudicato penale è, quindi, limitata all”accertamento positivo o negativo dei fatti materiali nella loro oggettività naturalistica; in altri termini, il vincolo derivante dal giudicato penale concerne i fatti nella loro realtà fenomenica e, cioè, condotta, evento, nesso di causalità con esclusione di antigiuridicità, colpevolezza e di qualsiasi altra questione che, derivando dai fatti accertati, può assumere rilevanza ai fini della qualificazione giuridica dei rapporti controversi, da esaminare autonomamente in sede civile[11].
Le Sezioni Penali della Corte hanno posto in evidenza che un simile interesse non è ravvisabile nemmeno in riferimento alla efficacia della sentenza penale di assoluzione nei giudizi civile o amministrativo, “posto che l”art. 652 cod. proc. pen. non distingue l”assoluzione ai sensi del comma secondo dell”art. 530 c.p.p. da quella prevista dal comma primo”[12].
2.6. È utile costituirsi parte civile nel processo penale?
La condanna penale del responsabile apre la strada al risarcimento del danno che può essere liquidato dallo stesso giudice penale o, come avviene più frequentemente, dal giudice civile cui il giudice penale rimette solitamente il giudizio, dopo avere concesso una provvisionale.
In tal caso, tuttavia, nel giudizio civile dovrà pur sempre provarsi l’an anche se la sentenza penale di condanna costituisce un elemento indiziario di valenza pregnante.
In caso di assoluzione in sede penale (da verificare la formula) è possibile, in qualche caso, ribaltare il giudizio in sede civile con una pronuncia di condanna.
La principale norma di riferimento è l’art. 652 c.p.p.; tuttavia, nonostante la chiara lettera della norma sussistono limiti, individuati dalla giurisprudenza di legittimità, alla efficacia preclusiva della sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, resa ai sensi dell”art. 530, co. 2, c.p.p.
La giurisprudenza di legittimità penale ritiene che “non vi è l”interesse dell”imputato, assolto perché il fatto non sussiste ai sensi dell”art. 530, 2, c.p.p., a proporre impugnazione, atteso che tale formulazione – relativa alla mancanza, alla insufficienza o alla contraddittorietà della prova – non comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria né segnala residue perplessità sull”innocenza dell”imputato: non può pertanto in alcun modo essere equiparata all”assoluzione per insufficienza di prove prevista dal codice di rito in vigore anteriormente alla riforma del 1988”[13].
Nei giudizi extrapenali spiegano efficacia di giudicato le sentenze irrevocabili di condanna o di proscioglimento nel merito che siano pronunciate a seguito di dibattimento, anche se il proscioglimento intervenga per una causa estintiva del reato[14], o perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato[15].
2.7. È consentita al giudice civile l”autonoma valutazione e qualificazione dei fatti storicamente accertati dal giudice penale?
Vi è contrasto nella giurisprudenza di legittimità.
In senso favorevole si è affermato che non tutti i fatti che hanno formato oggetto del giudizio penale, costituendo la fonte o la semplice premessa della pronuncia finale, hanno efficacia vincolante nel giudizio civile; di tale efficacia sono dotati i fatti che, sebbene non siano espressamente enunciati nel capo di imputazione come elementi costitutivi o come circostanze del reato contestato, si pongano come antecedenti logici necessari della decisione e debbano essere obbligatoriamente accertati dal giudice penale in senso positivo o negativo affinché possa essere pronunciata la condanna o l”assoluzione dell”imputato o anche essere affermata una circostanza del reato[16].
A corollario di tale interpretazione si è sostenuto che solo quando l”oggetto dell”accertamento coincida in sede penale e civile, nel giudizio extrapenale è inibito un nuovo accertamento in ordine ai medesimi fatti, mentre in ogni altro caso la sentenza penale vale a fornire semplici elementi di giudizio non vincolanti, ferma restando la libertà del giudice civile di formare il proprio convincimento in base alle risultanze del processo in corso[17].
In senso contrario è stato osservato che in tema di rapporto tra giudizio penale e giudizio civile – come disciplinato dal vigente codice di procedura penale del 1988 (ai sensi degli artt. 652 e 654), a differenza di quello previgente (art. 25) – l”azione civile per danni è preclusa dal giudicato penale che rechi un effettivo e specifico accertamento circa l”insussistenza o del fatto o della partecipazione dell”imputato[18].
Si è sostenuto, a supporto di tale orientamento, che l”autorità del giudicato (anche penale) copre sia il dedotto che il deducibile, ovvero non soltanto le questioni di fatto e di diritto investite esplicitamente dalla decisione (cd. giudicato esplicito), ma anche le questioni che – sebbene non investite esplicitamente dalla decisione – costituiscano comunque presupposto logico essenziale ed indefettibile della decisione stessa (c.d giudicato implicito), restando salva ed impregiudicata soltanto la sopravvenienza di fatti e di situazioni nuove, che si siano verificate dopo la formazione del giudicato o, quantomeno, che non fossero deducibili nel giudizio, in cui il giudicato si è formato[19].
Pertanto, in base a tale orientamento, il giudicato penale di assoluzione – con la formula “perché il fatto non sussiste” – preclude la proposizione, nel giudizio civile di risarcimento del danno derivante dal medesimo fatto-reato, di una ricostruzione della vicenda che postuli, sotto altra prospettazione, l”esistenza di elementi di fatto, che risultino esclusi – sia pure implicitamente – dal giudicato penale[20].
2.8. Il medico ospedaliero imputato di reato commesso per colpa professionale, nel caso di costituzione di parte civile, può chiamare nel processo penale, quale responsabile civile, l”azienda ospedaliera di appartenenza?
Orientamenti diversi da parte della giurisprudenza di legittimità.
In senso affermativo si è dichiarato che l”azione risarcitoria contro il responsabile civile in sede penale è ammessa nei confronti della P.A. e costituisce un’ipotesi di responsabilità diretta per fatto proprio ex art. 2043 c.c., in quanto dipende dal rapporto organico che lega il funzionario o il dipendente all”ente ed in forza del quale si ha, di fronte ai terzi, identità tra ente pubblico e dipendente[21].
La conseguenza è che, ai sensi dell”art. 575 c.p.p., il responsabile civile può proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza riguardanti la responsabilità dell”imputato e contro quelle relative alla condanna di questi, e del responsabile civile, alle restituzioni, al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali[22].
In senso contrario è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell”art. 83 c.p.p. nella parte in cui non prevede la possibilità per il medico ospedaliero imputato di reato commesso per colpa professionale, nel caso di costituzione di parte civile, di chiamare nel processo quale responsabile civile l”Azienda ospedaliera di appartenenza, poiché – in ragione del rapporto contrattuale sussistente tra la vittima e tale Ente gestore del servizio sanitario, ed in ragione altresì della distinzione tra gli obblighi del sanitario e quelli dell”ospedale nei confronti del malato – si versa in un”ipotesi di non operatività dell”art. 185 c.p. con riferimento alla responsabilità per fatto del terzo.
La Corte ha precisato che la responsabilità della A.S.L. è diretta ed autonoma rispetto a quella del sanitario, in forza del contratto d”opera professionale concluso con il paziente che viene curato nella struttura ospedaliera[23].
2.9. Se vi è costituzione di parte civile nel processo penale nei confronti del medico è possibile esperire un autonomo giudizio civile nei confronti della Azienda Sanitaria? Opera la preclusione sancita nell’art. 75 c.p.p.?
Non opera la preclusione sancita dall”art. 75 c.p.p. – per il quale il trasferimento dell”azione civile nel processo penale comporta l”automatica rinuncia agli atti del giudizio civile che, di conseguenza, deve essere dichiarato estinto -, allorché tra l”azione civile e quella penale sussista diversità di soggetti e di causa petendi[24].
2.10. Se un unico medico è imputato in un giudizio penale è possibile, sotto il profilo civilistico, e, quindi, a fini risarcitori, una graduazione delle colpe di altri medici estranei al giudizio penale?
In tema di reato colposo, nel processo penale l”unico rapporto civilistico che viene in considerazione è quello tra la parte civile e l”imputato (e l”eventuale responsabile civile); è, quindi, preclusa al giudice la valutazione quantificatoria delle colpe concorrenti degli imputati, ciascuno dei quali, ai sensi dell”art. 2055 c.c., risponde per l”intero verso il danneggiato.
La graduazione della colpa in sede penale, al più, può essere compiuta al fine di graduare la responsabilità penale dei prevenuti, senza alcuna efficacia vincolante nell”eventuale giudizio civile di regresso[25].
2.11. Se tutti i medici responsabili sono imputati nello stesso processo è possibile una graduazione della colpa con efficacia in sede civilistica? Ha efficacia vincolante nell”eventuale giudizio civile di regresso?
In tema di responsabilità civile per reato colposo contro la persona, addebitato a più rei in concorso indipendente, la richiesta di quantificazione dei (rispettivi) coefficienti del rapporto di concorsualità nella produzione dell”evento, ai fini della ripartizione dell”onere civilistico del risarcimento del danno nei riguardi delle parti lese, è insoddisfattibile nel giudizio penale, perché, mentre nei confronti di queste ultime l”obbligo dei corresponsabili rimane solidale, ai sensi e per gli effetti del principio stabilito dagli artt. 187 c.p. e 2055 c.c. (sicché quella quantificazione sarebbe inutiliter data), nei rapporti interni, tra i più responsabili, risulterebbe irrituale per carenza di un rapporto processuale tra gli stessi imputati, dato che il processo comporta un rapporto tra il pubblico ministero e ciascun imputato (e tra essi e l”organo giudicante), non un rapporto (processuale) tra gli imputati medesimi, stante l”ininfluenza della posizione di ciascuno rispetto a quella di ogni altro[26].
2.12. La condanna generica al risarcimento dei danni in sede penale, vincola il giudice quanto all’an debeatur?
La condanna generica al risarcimento dei danni, quale mera declaratoria iuris, non esige alcuna indagine in ordine all”effettiva esistenza, alla specifica fonte o alla reale estensione del danno risarcibile, ma postula soltanto l”accertamento della potenziale capacità lesiva dell”illecito penale, inteso nel suo complesso, e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato;resta salva, nel giudizio di liquidazione del quantum, la facoltà del giudice civile di individuare, nell”ambito del fatto virtualmente dannoso accertato in sede penale, l”esistenza stessa e la effettiva entità del danno in rapporto eziologico con il fatto illecito[27].
Quindi, ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni, non è necessario che il danneggiato dia la prova della loro effettiva sussistenza e del nesso di casualità fra questi e l”azione dell”autore dell”illecito, ma è sufficiente l”accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose. La predetta pronuncia costituisce, infatti, una mera “declaratoria juris”, da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione[28].
2.13. Il proscioglimento per estinzione del reato per amnistia, pregiudica gli interessi civili del danneggiato?
Il proscioglimento per estinzione del reato per amnistia, in quanto prescinde dall”accertamento dei fatti, non pregiudica in alcun modo gli interessi civili del danneggiato: estinto il reato per amnistia, il giudice civile, adito per le restituzioni e il risarcimento del danno, conserva piena ed autonoma facoltà non solo di ricostruire il fatto, ma anche di accertare, agli effetti dell”art 2059 c.c., se in esso ricorrano gli elementi costitutivi del reato.
Tale principio incontra un limite allorché l”accertamento di merito del giudice penale sia stato necessario ai fini dell”applicazione dell”amnistia, conseguente all”esclusione di circostanze aggravanti, o al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti[29].
2.14. All’utente della prestazione sanitaria resa da una azienda ospedaliera pubblica con oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale, è applicabile il foro del consumatore?
Trattasi, in particolare, di accertare se sia applicabile il principio del foro generale della residenza o del domicilio del consumatore ovverosia della competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui l’utente consumatore ha la propria residenza o il proprio domicilio elettivo, ex art. 1469-bis, co. 3, n. 1 e art. 33, co. 2, lett. u) Codice del Consumo.
Soluzione negativa per A.S.L. e strutture convenzionate, in quanto non è l’utente che paga la prestazione e non può definirsi consumatore.
Il rapporto fra il cittadino-utente che si rivolga alla struttura sanitaria pubblica per ottenere una prestazione, se del caso ospedaliera, o ad una struttura convenzionata in totale esenzione o previo pagamento di ticket non si può qualificare come contratto, trattandosi soltanto dell’adempimento di un dovere di prestazione direttamente discendente dalla leggi e, automaticamente attivato dalla richiesta del cittadino-utente.
Specifica la Suprema Corte che il concetto di responsabilità contrattuale viene usato nel senso non già di responsabilità che suppone un contratto, ma nel senso – comune alla dottrina in contrapposizione all’obbligazione da illecito extracontrattuale – di responsabilità che nasce dall’inadempimento di un rapporto obbligatorio preesistente, che nella specie sta a carico della struttura del Servizio Sanitario Nazionale.
L’azienda ospedaliera pubblica non riveste la qualità di professionista e ciò perché l’azienda sanitaria pubblica (anche se oramai è sostanzialmente configurabile come un soggetto privato e non pubblico, gestito con criteri manageriali, com’è per la A.S.L.), quando eroga la prestazione non agisce nell’esercizio di un’atti-vità imprenditoriale, commerciale, artigianale.
Lo svolgimento della prestazione sanitaria deve avvenire senza il necessario rispetto del principio di economicità, atteso che comunque l’erogazione del servizio deve essere assicurata anche se cagiona perdite.
L’azienda sanitaria pubblica, dunque, non agisce come un “professionista” alla stregua della nozione fissata dall’art. 3 lett. e) del codice[30].
Al fine di risolvere i dubbi occorre fare riferimento alla tradizionale distinzione tra mutatio libelli e emendatio libelli. Si ha mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte e di alterare il regolare svolgimento del processo.
Si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, sicchè risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere[31]
2.15. All’utente della prestazione sanitaria resa da una azienda sanitaria privata non convenzionata è applicabile il foro del consumatore?
La soluzione è affermativa per un’azienda sanitaria privata non convenzionata.
Se la prestazione sanitaria è svolta direttamente da parte di un’azienda sanitaria privata non convenzionata e, quindi, sulla base di un normale rapporto privatistico con l’utente che abbia scelto di non rivolgersi al S.S.N., l’azienda si pone come professionista ed il foro del consumatore è applicabile, senza che ne derivi alcuna incoerenza con il collocarsi di detta azienda nell’ambito dello stesso pubblico servizio inerente la sanità. Né l’applicabilità del detto foro in questo caso comporta una disparità di trattamento ai sensi dell’art. 3 tra l’utente che scelga di rivolgersi al S.S.N. e quello che si rivolge alla struttura sanitaria privata perché quest’ultimo, che già come cittadino subisce sul piano fiscale l’incidenza del costo del detto servizio, se ne accolla direttamente un altro, di modo che le due situazioni sono diverse fra loro[32].
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[1] Cass., 11 novembre 2005, n. 22894.
[2] Cass pen., 2 aprile 2008, n. 23507 (dep.11 giugno 2008); nella specie, si era accertato che “la distocia di spalla si accompagna frequentemente alla microsomia”.
[3] Cass. Civ., 11 novembre 2005, n. 22894; nella specie la sentenza di merito, confermata dalla Suprema Corte, aveva respinto la domanda risarcitoria nei confronti dell”ente ospedaliero in relazione al danno asseritamente subito da un neonato per il ritardo del trasferimento nel reparto di pediatria, sul rilievo che il collegio peritale si era espresso in termini di mera possibilità.
[4] Cass., n. 5421/2000.
[5] Trib. Palmi, 28 febbraio 2006.
[6] Trib. Bari, 17 marzo 2010, n. 968.
[7] Trib. Palmi, 28 febbraio 2006.
[8] Cass. 14 giugno 2011 , n. 12961; Cass. 14 marzo 2008, n. 6883; Cass., 21 marzo 2003, n. 4145.
[9] Cass. Pen., 22 maggio 2009, n. 32191.
[10] Cass., Sez. III, 19 maggio 2003, n. 7765; Cass., 13 dicembre 1996, n. 11162; Cass., 30 marzo 1998, n. 3330; Cass., sez. lav., 20 aprile 2006, n. 9235.
[11] Cass. Civ., 19 maggio 2003, n. 7765; Cass. Civ., 8 ottobre 1999, n. 11283.
[12] Cass. Pen., sez. V, 24 novembre 2005 n. 842; Cass. SS.UU. 23 novembre 1995 n. 2110, Cass., 4 luglio 2007 n. 32879; Cass., 12 gennaio 2006 n. 842. Nei giudizi extrapenali spiegano efficacia di giudicato le sentenze irrevocabili di condanna o di proscioglimento nel merito che siano pronunciate a seguito di dibattimento, anche se il proscioglimento intervenga per una causa estintiva del reato (Cass., 2 novembre2000, n. 14328), o perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, Cass., 22 gennaio 1998, n. 570, cfr. anche Cass., 19 maggio 2003, n. 7765.
[13] Cass. Pen., 24 novembre 2005 n. 842, in motivazione la Corte ha posto in evidenza che un simile interesse non è ravvisabile nemmeno in riferimento alla efficacia della sentenza penale di assoluzione nei giudizio civile o amministrativo, posto che l”art. 652 c.p.p. non distingue l”assoluzione ai sensi del comma secondo dell”art. 530 c.p.p. da quella prevista dal comma primo.
[14] Cass., 2 novembre 2000, n. 14328.
[15] Cass., 22 gennaio 1998, n. 570; cfr. Cass., 19 maggio 2003, n. 7765.
[16] Cass., 19 maggio 2003, n. 7765.; Cass. Civ. 15 febbraio 2001, n. 2200.
[17] Cass., 19 maggio 2003, n. 7765.
[18] Cass. Civ., 20 aprile 2006, n. 9235.
[19] Cass. Civ., 20 aprile 2006, n. 9235.
[20] Cass. Civ., 20 aprile 2006, n. 9235. Nella specie, la Suprema Corte, con riguardo all”azione di un lavoratore infortunato per il risarcimento del cd. danno differenziale, ha rigettato il motivo di ricorso e confermato sul punto la sentenza impugnata con la quale era stato ritenuto che la predetta azione doveva considerarsi preclusa dal giudicato penale di assoluzione, dal reato di lesioni colpose, del legale rappresentante della società datrice di lavoro, per insussistenza del fatto, in dipendenza della ravvisata carenza del nesso causale tra condotta dell”imputato ed evento pregiudizievole, che copriva, quantomeno implicitamente, anche l”addebito di “omessa adozione delle misure di sicurezza prescritte dalla legge”.
[21] Cass. Pen. 30 giugno 1984, n. 9583, dep. 5 novembre 1984.
[22] Cass. Pen., 9 luglio 2008, dep. 3 ottobre 2008, n. 37992.
[23] Cass. pen., 13 aprile 2005, n. 23724, dep. 24 giugno 2005; cfr. anche Corte Cost., 16 aprile 1998, n.112.
[24] Cass. Pen., 28 maggio 2003, n. 35604, dep. 16 settembre 2003.
[25] Cass. Pen., 24 maggio 1996, n. 6547, dep. 26 giugno 1996.
[26] Cass. Pen., 1 giugno 1989, n. 13274, dep. 10 ottobre 1989.
[27] Cass., 5 giugno 2008, n. 36657 (dep. 24 settembre 2008); Cass., 11 aprile 1989, n. 11813 (dep. 7 settembre 1989).
[28] Cass., 28 febbraio 1992, n. 3220 (dep. 18 marzo 1992).
[29] Cass., 22 marzo 1977, n. 666, dep. 2 giugno 1977.
[30] Cass., ord. 2 aprile 2009, n. 8093.
[31] Cass.., 27 aprile 2011, n. 9395; Cass., n. 7579/2007; Cass., n. 17457/2009.
[32] Cass., ord. 2 aprile 2009, n. 8093.
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